Sintesi universale di 150 anni di dibattito politico

Premetto che sono nato il sedici Agosto millenovecentonovantuno. Sono vecchio nemmeno un quarto di secolo. Di politica io non mi interessavo. Di politica si interessava il mio bisnonno, che era di destra, e così il figlio; così, mio padre, che era un ribelle, si premurò di assicurarmi che, sempre e per sempre, io pensavo di pensare che mi piaceva la politica di sinistra. Me lo giurò, che la sinistra mi piaceva più del gelato. Crebbi, e considerai che, alla fine, il gelato era buono solo d’estate, e comunque preferivo la cioccolata. Poi accesi la televisione, per godermi un’oral tenzone fra un onorevolissimo illustre ed un cavalier commendatore. Le persone attorno applaudivano e incitavano. Considerai che, per lo stesso motivo per cui trovo sciocco fare il tifo per una squadra di calcio, era insulso avere preferenze in questa politica di tifoserie. Era questo ragionamento buono e giusto, e mi concessi perciò un po’ di cioccolata. A causa delle molteplici acute elucubrazioni, ingrassai sino all’obesità. Già i miei avi si lamentavano che la politica non funzionava. Per darci un futuro migliore, vennero indette grandi votazioni. Ci fu agitazione civile, e grandi tumulti, e tali roboanti stravolgimenti, che cambiarono gli assetti e gli schieramenti; tutto affinché mio padre potesse lamentarsi al bar, coi suoi amici.

Ma perdonate, sto divagando. 

Premetto, dicevo, che sono nato il sedici Agosto millenovecentonovantuno. Non avendo toccato la soglia dei venticinque, mi si potrebbe imputare una buona dose di superbia, per le affermazioni che ivi leggerete. Di questo non mi scuso. Preferisco la tracotanza alla stupidità, mannaggia al suffragio universale. Comunque:

in ogni dato giorno, di un qualsiasi anno, hanno detto in tivvù che, tre anni fa, ci risolleviamo due anni fa, con un anno di transizione che ci permetterà di risalire la china, fra un anno, ma a partire dall’anno prossimo. Saremo di nuovo efficienti, come tre anni fa. Per mettere in moto tal meccanismo, un mandato era stato stabilito. Ai mandanti, il mandato non piacque: qualcuno diceva che la situazione era peggiorata. Altri spergiuravano che la vita era migliorata. La cosa sicura era che, essendo l’affluenza diminuita rispetto all’anno prima, era salita al potere la parte sbagliata; il che, avrebbe perggiorato le cose. Tutto il contrario, l’anno precedente, quando a votare c’erano tutti tutti, perciò era salita al governo la parte sbagliata.

In ogni caso, dedussero che qualcuno si era astenuto. Gli astenuti non avevano alcun diritto alla lamentela. Gli astenuti pensavano, invece, che la frittata l’avevano fatta i votanti, e quindi gli unici a potersi lamentare erano proprio i non votanti. Comunque, Dante aveva stabilito una punizione per gli ignavi e, in ogni caso, tanti erano i problemi da discutere che gli astenuti, i sinistroidi, destrorsi e i central(ini?) si riunirono, per guardare assieme la partita dei mondiali. Gli unici che non avevano amici, erano quelli che proponevano idee né di sinistra, né di destra, né di centro. Forse erano idee da basso, o alto. Fatto sta che, siccome le loro idee non favorivano nessuno, scontentando tutti, nessuno li considerava. Il giorno dopo, fra le strade e nei bar, si rifletté sul fatto che non c’erano più gli statisti di una volta, che si stava peggio quando si stava meglio, e che i treni, una volta, erano decisamente più puntuali. Ah si, e anche che un tempo c’era più cibo, perché si potevano mangiare i bambini. Insomma, i governi di una volta erano meglio. Qualcuno rifletté, sul fatto che il lascito dei governi precedenti, sono i governi attuali. Notarono anche che, se tanto mi dà tanto, lo schifo di oggi è l’accumularsi di quello di ieri, e del giorno prima. Persone insinuarono che il fallimento del sistema politico, era conseguenza del fallimento di quello educativo (a comprovare questa tesi, il fatto che i politici corrotti dovevano -per forza- venire da qualche parte. Essendo i politici persone adulte, dovevano essere state, tempo fa, bambini. Essendo stati bambini,  dovevano esser stati cresciuti in famiglie inclini alla corruzione). Ma le riflessioni, si sa, trovano d’accordo solo coloro che le espletano. C’era, però, una fatto inopinabile: i soldi mancavano. In una grande assemblea si decise di sedersi sui divani, sputacchiando vivande semi masticate su maxi-schermi acquistati con finanziamento, sbraitando contro i politici in tivvù. Le cose sarebbero, in quel modo, cambiate. Qualcuno rimostrò che, le persone dietro allo schermo, sembravano impassibili alle offese. Quasi come se non sentissero gli accidenti a loro rivolti. Quasi come se la televisione non fosse la realtà. Fu indetto un sondaggio e, con il tasto rosso del telecomando, il buonsenso comune etichettò -giustamente- malsana, frutto di menti deliranti, l’idea che in tivvù non ci sta la vita vera.

Per spirito di democrazia, venne comunque indetta una riunione, per decidere se andare a protestare davanti alle sedi politiche, oppure continuare a grattarsi il culo sui divani, dato che illustrissimi cavalieri e onorevoli avevano messo a disposizione più di 250 canali. Ancora una volta, prevalse il buonsenso. L’occasione venne ricordata con una grande festa in discoteca, dove nessuno -ma proprio nessuno-  rinunciò ad un bicchiere di liquido dal colore improbabile, per soli otto euro. 

 

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