La bellezza della gioventù

Una piccola riflessione: che non è poi tanto piccola, ma sicuramente rimane riflessione. Cioè, un fenomeno che riguarda la superficie delle cose. E anticipatamente chiedo scusa, per l’intervento non richiesto: la mia opinione non vale nulla, perché più vado avanti, e più mi rendo conto che non ci sto capendo un cazzo. Per fortuna la rete è ancora abbastanza democratica, quindi siete liberissimi di ignorare quanto segue:

Imitiamoci, copiamoci, l’un l’altro: in questo mondo, dove la forma è il contenuto, dove essere è avere, l’importante è essere uguale al prossimo. Coltiviamo la libertà dell’individuo, purché non significhi avere un’opinione libera dai pregiudizi: siamo liberi, sì, di volere le stesse cose che vogliono tutti. Facciamo la vita del salmone, che muore dopo aver risalito correnti impossibili al solo scopo di sfornare una quantità assurda di piccoli che saranno esattamente come lui. Individuo, dunque? Gli stessi video, le stesse foto, i selfies, le stesse frasi pubblicate e ripubblicate ma che non provengono da noi, perché siamo morti come Creatori. Prostituiamo i nostri intelletti, allora. E’ più che legittimo. Qualche pensiero bisognerà pur incamerarlo ed esprimerlo: piuttosto che non dire niente, pensiamo quello che gli altri ci dicono di pensare. Forse, ma solo forse, Tacere sarebbe un’opzione assai più nobile rispetto a questo sproloquiare. Ma tant’è.

Che ne è stato dei nostri sogni? Eravamo sublimi, da bambini, perché i nostri sogni erano impossibili. Io volevo fare lo speleologo. Continuavano a dirci che tutti ce l’avremmo fatta, ma dietro la schiena la scure dell’educazione era pronta a recidere la nostra immaginazione. I nostri sogni si ridussero ai sogni dei nostri genitori; l’aspirazione? entrare in società e far parte del grigiume indistinto, che soffocò la nostra luce. Lo scontro col muro della realtà, disastroso. Ci proposero come idilliaca, e desiderabile, una vita fatta di schiavitù: ”Art. 1) L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro”. Noi gli abbiamo creduto. Otto ore al giorno, dieci mesi l’anno, per dieci, trenta, cinquant’anni. Dal momento che il lavoro non c’è nemmeno, ci sentiamo spaesati: una specie di sindrome di Stoccolma, per cui arriviamo ad interiorizzare il nostro aguzzino a tal punto da non poter considerare una vita senza di lui. Ci avevano detto che saremmo tutti arrivati, ma tutti erano troppi. Per forza di numeri, la gran parte non ce l’ha fatta. E poi, per cosa lavoreremmo? Per i soldi? Per la macchina, la casa? Negli anni 50, era ricco chi poteva permettersi la doccia in casa, il gelato, la televisione, la carne in tavola più volte a settimana. Sono cose che mancano nelle nostre vite? Raramente. I ricchi continueranno sempre ad alzare l’asticella del desiderio, e più le cose saranno inutili, più noi poveracci le vorremo. Questo per dirvi che non sappiamo neanche più a cosa aspirare: tanto vale adeguarci a volere le cose altrui. Beni inutili e ciarpame intellettuale: il consumismo non è soltanto un modello economico, ma un paradigma mentale. Continuando ad ingozzare questo stomaco del consumo senza corpo né mente, in balìa dei suoi riflessi gastrici, chiediamoci: siamo i consumatori, o i consumati? Essere è avere. La forma è il contenuto. Noialtri, avulsi e orripilati da questo Gargantua aberrante che mastica macilenti e sozzi e tremebondi corpi, -se vi piace, aggiungete tante altre parole forbite che deliziano gli intellettualoidi come me, e che affascinano i sempliciotti, come me-, dicevo: noi ci s-consoliamo con queste riflessioni.

Qualcuno, non ricordo bene chi, disse che siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Ma i nostri sogni non sono più impossibili, perciò non siamo più sublimi. I sogni li abbiamo uccisi. E allora, noi, siamo già morti.

2 responses to “La bellezza della gioventù

    • Io, purtroppo, sono un convinto assertore della teoria che non siamo in grado di pensare un bel niente. Io non penso: sono pensato. Tutto ciò con cui vieni a contatto è una tua proiezione; quello che leggi, in realtà ti legge. Non c’è una sola cosa, di quelle che troverai scritte nel mio blog, che io non abbia rubato da qualcuno. Non c’è niente di mio e, per quanto mi concerne, credo che la realtà cui tutti si riferiscono sia una mera proiezione della mente. Ma di questo non sono sicuro. Capisci? Socrate diceva ”So di non sapere”, e su quella frase egli fondò una filosofia: non si trattava di umiltà, ma del fatto che l’unica verità fondante è la costanza del dubbio. Io? Non posso dire neanche di esser certo che non so qualcosa. Metto in dubbio il dubbio stesso.

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